Vado a Treville qualche giorno prima dell’inizio della primavera. È una bellissima giornata di sole. Lungo le Strada Regionale 308, che da Padova porta a Castelfranco, le Magnolie e gli alberi da frutto sono in fiore ed io penso al “Budino con misticanza di fiori, frutta e spezie” del Menù di Stagione dell’osteria.

Moreno mi fa entrare dalla porta di servizio. Indossa la giacca da cuoco. È un uomo alto, asciutto e dai gesti decisi. Sorride appena sotto la mascherina chirurgica, ed è molto gentile.
Ci accomodiamo nell’ampia sala da pranzo. Le luci sono abbassate e fa freddo. Non c’è nessuno. L’arredamento è studiato nei minimi particolari, solo legno e metallo nel rispetto della filosofia del locale, attenta all’ecosostenibilità e al biologico.

Sala interna dell'Osteria Pronetomosca

Immagino la sala, come dev’essere immersa nel chiacchiericcio dei commensali, fra i profumi di pietanze appena sfornate e quelli di marca delle donne più eleganti. I sorrisi, le risate, il tintinnio dei piatti di Petto alla Garronese impilati sulle braccia dei camerieri, il “pop” sordo di tappi di sughero stappati da bottiglie del Carmenère biologico della Cantina Le Baite, le luci ad illuminare il grande tavole in Rovere massiccio, e mi sembra subito più accogliente e conviviale.
Moreno Cattapan, classe 1959, è nato qui a Castelfranco Veneto. Lo stabile che ospita l’osteria è un piccolo polo ecosostenibile. Accanto al locale c’è il negozio di una cooperativa che vende solo prodotti biologici. Sopra c’è una scuola di danza biologica.

Si perde nel ricordo dei tempi l’anno in cui la famiglia Cattapan fu sopranominata “I Mosca”. Fu il fratello di Moreno, nel 2001, ad avere l’idea di utilizzare i soprannomi per dare il nome al locale. Il socio era chiamato “Pironeto” (in dialetto Veneto “forchettina”) e così nasce l’Osteria Pironetomosca. Ma, la reale origine di quello che è un baluardo della tradizione e della cucina regionale, è da ricercare nel lungo cammino di Moreno, fin da giovane appassionato di cucina e ristorazione.

Il papà, di professione operaio, cucinava solo per la famiglia ed era un ottimo cuoco. Rimasto solo molto presto, con 4 figli maschi, ai fornelli si dilettava a preparare Pasta e Fagioli, Fegatini, Duroni con il pomodoro e il Ragù. La mamma, quando ancora cucinava per loro, aggiungeva il Parmigiano al condimento della pasta, ma Moreno, da sempre contrario al sapore deciso dei formaggi, lo rifiutava. Ricordi di una cucina casalinga ancora ben vivi nella memoria di Moreno, ricordi che si velano di tristezza per la perdita prematura della mamma. Furono proprio le vicende famigliari, e l’intento di alleggerire il lavoro del papà, che porteranno Moreno a scegliere il convitto alla scuola per “Addetti ai servizi di sala e cucina” di Castelfranco Veneto. Qui incontrerà il professore “Zulian”, il primo chef professionista della sua vita, che ancor oggi ricorda con gratitudine e nostalgia.

La sua prima esperienza lavorativa sarà in sala. Aveva solo 14 anni e la scuola, che organizzava degli stage durante i periodi festivi, lo assegnò alla pizzeria “Columbus” di Padova con la mansione di cameriere. Capisce subito che il servizio di sala non fa per lui, “Meglio dedicarsi alla cucina” conclude.
Ride mentre lo racconta, a suggellare una scelta che, probabilmente, ancor oggi ritiene la più giusta.
L’anno successivo viene affidato all’ Hotel “Trieste” di Portogruaro, questa volta come “aiuto cuoco”. Qui conosce due chef. Il primo, che rimarrà poco tempo in attesa dell’imminente apertura della stagione a Bibione, non lo prende in buon occhio. Moreno paga lo scotto di venire dalla “scuola” ma, secondo la mentalità di allora, la cucina non si impara sui libri, bensì sul campo. Passerà molto tempo a pelare patate e fare pulizie, come una moderna Cenerentola, finché lo chef non se ne andrà. Sarà il secondo Chef, Orlando, a prenderlo sotto la sua ala protettrice. Lo inviterà a rimanere anche per la stagione e così, per Moreno, inizia la prima vera esperienza in cucina. Ancor oggi si sente di ringraziare Orlando per l’enorme fiducia accordatagli.

L’Hotel Trieste accoglie gente proveniente da tutta Italia e dall’estero. Non chiude mai e ad ogni ora arrivano ospiti che hanno fame. Moreno sarà svegliato anche nel cuore della notte dal suo Chef, per preparare le basi di piatti prelibati e accontentare i clienti ritardatari. Imparerà una pratica oggi in disuso, ma non scomparsa: il “Servizio alla Lampada”, servizio che, nella sua origine, ha qualche affinità con la storia di Moreno. Sembra infatti che nel 1895, a Montecarlo al “Cafè de Paris”, si presentino a tarda ora il principe di Galles in compagnia di una donna bellissima. Il Maître, Henry Charpertier, serve loro a flambé delle crepe pronte trovate in cucina. Furono battezzate dallo stesso principe “Suzette” in onore della dama che lo accompagnava.

Erano altri tempi, tempi in cui i ristoranti avevano Maître de salle, Meitre de rang, Chef de rang e commis. Tempi in cui, in valigia, non mancava il vestito per la cena. Tempi in cui i prodotti erano sani, biologici e naturali senza bisogno di certificarli e tempi in cui, se anche le cucine erano chiuse, i cuochi non andavano mai a dormire perché l’ospitalità era un bene da salvaguardare.

Gli anni passano e Moreno aumenta le sue esperienze. Da “Gran de Pevare” (Granello di Pepe) come lo chiamavano da piccolo per i suoi capelli rossi scomposti, diventa “Bocca”. Così sarà sopranominato dall’amico panificatore che, nei periodi fra una stagione e l’altra, aiuta nelle consegne. Porta pane, grissini e delle scatole di bignè leggerissimi e profumati. Le scatole non sono sigillate e fra un’attesa al semaforo rosso e la coda all’incrocio ne sgranocchia qualcuno. Andava tutto a meraviglia finché i clienti del panificio, resisi conto dell’ammanco, pensano bene di pesare i pacchi e controllarli.
Ride mentre mi racconta questa storia. Sotto la mascherina anti-Covid non riesco a vedere le pieghe della bocca, ma la sua voce esce sonora e cristallina.

Dopo 23 anni di Assistente Tecnico all’Alberghiero di Castelfranco, finalmente nel 2001 apre il suo locale. Nel 2010 il socio “Pironeto” si ritira e, al suo posto, arriva Fabio, il figlio, con un bagaglio di esperienze non solo in Italia ma anche all’estero. Ovviamente porta la sua impronta e numerose innovazioni, come la lunga cottura sottovuoto che esalta le caratteristiche organolettiche dei cibi, ma continua a rispettare la filosofia del locale e, come Moreno, sceglie solo materie prime di qualità e rigorosamente biologiche.

Sala esterna dell'Osteria Pronetomosca

L’arrivo di Fabio ha costituito una svolta per Moreno che ha potuto dedicarsi di più alla sala, trovando una naturalezza che a 14 anni non aveva, frutto anche della maturità e dell’esperienza. E così, nell’ottica di dare sempre un valore aggiunto ai propri prodotti, racconta ai clienti cosa accade in cucina. Presenta loro i piatti con dovizia di particolari e con tutta la passione di chi per anni li ha preparati. Abbina per loro i migliori vini naturali e sceglie come vini base per il suo ristorante la cantina Le Baite e i suoi vini biologici e vegani. Il vino è un settore per cui Moreno nutre una vera e propria passione e che cura con scelte oculate e in linea con la filosofia del locale. Il contatto con il pubblico ormai è diventato routine per lui e anche quando accadono le cose più strane non si scompone.
Ricorda, con una luce divertita negli occhi, un strano signore di 65 anni, Padovano. Portava una giacca beige, pantaloni troppo corti per la sua statura, e delle vistose scarpe da uomo alle Charleston. Ordina l’antipasto di Gallina Padovana. “Gioco in casa” avrà pensato avvolto nel suo abbigliamento dandy, e poi gli contesta il prezzo. Incredibile? Un cliente che contesta un prezzo perché, a suo avviso, troppo basso! Lui se ne intende di Galline Padovane e sa perfettamente che il prezzo dell’antipasto non collima con il costo della gallina.
Castelfranco o “Castrum Francum”, fondata nel XII secolo quale roccaforte di Treviso, riceveva da quest’ultima una franchigia in cambio della difesa dalle offese proprio dei Padovani. Non so come sia andata a finire la questione fra Moreno e il suo cliente Dandy, ma se come dicono “la storia si ripete”, mi sa non abbiano fatto pace facilmente.
Non sono moltissimi gli episodi divertenti che Moreno ricorda. Ci pensa un po’ e poi mi racconta di quella volta che Red Canzian dei Pooh, con altri amici, andò a pranzo da loro. Alloggiavano ad Asolo al “Cipriani” e raggiunsero Castelfranco a bordo di biciclette elettriche. A fine pranzo dovettero chiamare un amico che li venne a prendere con la macchina. Mi assicura che il problema non era la carica elettrica delle biciclette.
Finiamo la nostra piacevole chiacchierata con una risata, ripensando a questi episodi.
Tutto quello che volete sapere sui piatti “dell’Osteria Pironetomosca” lo trovate ampiamento descritto sul suo sito www.osteriapironetomosca.it, mentre quello che riguarda la sua vita è riportato nella guida che tiene sopra il tavolo di servizi al ristorante. Io spero solo di aver suscitato in voi la curiosità, e di avervi trasmesso un po’ della personalità di questo Chef, che difende il territorio, la genuinità e la tradizione, e lo fa con un lavoro instancabile da oltre 45 anni, ancor oggi, nonostante le restrizioni e i limiti imposti dai decreti anti Covid.