Arriviamo in località Stabiorco, ad Auronzo in una bellissima mattinata di sole.
Luigi Larese, dell’Agriturismo ‘Ai Lares’, è un uomo di mezza età, sorridente e asciutto. Indossa una maglia sportiva di un verde vivace e comodi scarponi da montagna. Ha gesti rapidi e decisi, due occhi arguti e corti capelli brizzolati.
Ci viene incontro attraversando la strada deserta. Ci porge il gomito in segno di saluto e chiede se possiamo attenderlo qualche minuto.
Ne approfittiamo per godere del panorama che ci circonda fatto di boschi di larici e faggi; sullo sfondo le cime innevate delle dolomiti, ed un cielo blu cobalto che mozza il fiato.

Agriturismo Ai Lares tra le DolomitiLuigi è nato qui nel 1954. Ha vissuto parecchi anni a Vicenza, per studio e per lavoro ma, nei primi anni 2000, ha deciso di ritornare ad Auronzo in quella che definisce “la mia montagna”.
Con il cognato Alberto acquistano e ristrutturano la vecchia polveriera militare abbandonata nel 1993.
L’investimento è notevole. La gente del luogo guarda con diffidenza i due uomini che hanno deciso di operare in questa zona fuori dai circuiti turistici delle Dolomiti. Ma Luigi e Alberto non si curano degli sguardi e delle chiacchiere di paese, continuano sulla loro strada e oggi Luigi mi confessa che l’Agriturismo non è solo come lui se lo aspettava, ma molto di più.
“Anche se”, mi dice, “molte cose sono andate perdute” e non nasconde la sua amarezza. “I prati sono diventati boschi, i campi coltivati a cereali non ci sono più, ma soprattutto”, continua “è andato perso un importante patrimoni di conoscenze”.
Inevitabilmente penso a tutte quelle competenze che i padri tramandavano ai figli, quelle che i giovani rubavano con gli occhi agli uomini più esperti, e si, a tutte quello che non si trovano sui libri.

Mentre scendiamo con la macchina lungo la strada provinciale 532 del Passo di Sant’Antonio,
Luigi mi racconta che da piccolo era un bimbo biondo con due vivaci occhi castani e che gli piacevano i cavalli. A quei tempi non c’erano i mezzi pesanti e il trasporto, dai boschi, veniva fatto con i cavalli.
Oggi l’attività che lo appassiona di più è proprio l’allevamento. Cura i suoi animali senza l’impiego di antibiotici e medicinali, lasciandoli liberi nei pascoli della tenuta.

Esterno Agriturismo Ai Lares“Il nostro agriturismo”, mi dice Luigi, “è di fatto un ristorante biologico”. Tutte le derrate di stagione sono coltivate, e quelle spontanee raccolte, da lui e dai suoi collaboratori. Se acquistano qualcosa, lo fanno ponendo la massima attenzione alla qualità dei prodotti, come la scelta di servire i vini biologici della Cantina Le Baite.
“La passione per la ristorazione”, continua, “nasce dalla mia indole intrinseca per l’ospitalità.”
La cosa più naturale per Luigi, infatti, è sorridere agli ospiti e salutarli con un caloroso “Benvenuti!”.
Il piatto forte dell’agriturismo sono i Casunziei, di cui esistono varie ricette. ‘Ai Lares’, nel rispetto della ricetta tradizionale di Auronzo, sono fatti con il ripieno di patate ed erba cipollina e un po’ di burro fuso come condimento.
Il piatto tipico di Auronzo, invece, sono gli Gnocchi di Patate.
Lo ascolto rapita mentre spiega la ricetta, e mi sembra di sentire il profumo famigliare del burro fuso che, giallo come l’oro, cola sopra i ravioli di pasta, spargendo le scaglie di ricotta affumicata sul fondo del piatto. Nella mia mente ci abbino uno Chardonnay in purezza della Cantina le Baite.

Agriturismo Ai Lares un occhio al biologicoIn estate, sono conditi con i funghi del bosco: porcini, gialletti o finferli. Funghi raccolti soprattutto nei boschi vicini “Ai Lares”, quasi a chilometro zero!
“La cosa più difficile da fare”, confessa, “è il salame”. I suoi insaccati sono tutti naturali, prodotti senza l’impego di conservanti, risultato cui si è arrivati grazie ad un attento controllo delle temperature e dell’ambiente durante la produzione. Luigi è Alberto, hanno affinato anche una tecnica per fare la ‘Pancetta Arrotolata’ e poter offrire un prodotto che molti non fanno più. E così, a Stabiorco è ancora possibile ordinare un tagliere di affettati, riconoscere fra loro il bianco candido del lardo della pancetta, o assaporare il profumo di spezie dello speck, qui conciato con una tecnica particolare e affumicato solo con legno di nocciolo. Sogno e delizia appoggiarne qualche fetta sul pane morbido e caldo e addentarla accompagnandola ad un buon bicchiere di Cabernet.

Raccontando aneddoti, Luigi ricorda uno dei suoi primi clienti. Una persona comune con modi gentili ed affabili. Il primo impatto è di diffidenza reciproca ma, alla fine del pranzo, il cliente si complimenta con Luigi per i piatti dove, afferma, ha potuto “gustare i veri sapori” delle pietanze. Luigi è colpito, non si aspettava un complimento. L’uomo continua dandogli qualche consiglio circa la lavorazione delle carni, consiglio che Luigi e Alberto ascoltano con la massima attenzione essendo alle prime armi e ancora inesperti in materia.
Dopo un anno, l’uomo misterioso si ripresenta all’Agriturismo, questa volta a bordo di una fiammante Ferrari Rossa. E’ solo in quel momento che Luigi e Alberto capiscono di avere di fronte un esperto nel settore della lavorazione delle carni che, con grande umiltà, ha dato loro preziosi consigli, senza voler dare troppa importanza alla sua posizione.
Questo non è il solo cliente che Luigi ricorda con particolare coinvolgimento.
A settembre di alcuni anni fa, Cesare, collega di lavoro di un ex compagno di scuola di Alberto, trascorre qualche giorno di vacanza in Comelico. Una sera si reca a cena ‘Ai Lares’. Cesare, fra una portata e l’altra, confida a Luigi che sua mamma era nativa di Auronzo, ma dopo la sua scomparsa, ha perso ogni contatto con la famiglia di origine. Dalle indicazioni di Cesare, Luigi intuisce che uno dei suoi zii è un certo ‘Cattaruzza Cecilia Sergio’, emigrato negli Stati Uniti in cerca di fortuna come cercatore d’oro in Alaska. Purtroppo la buona sorte non gli fu amica e ritornò presto in paese. Quasi subito, però, riparti e trovò ‘l’America’ a Panama con il commercio delle banane.
Ritornerà ad Auronzo solo nel 1956. Alcuni ex ragazzi di allora lo ricordavano perché tornò vestito di bianco, con un cappello chiaro a tesa larga chino sul capo. Alloggiava all’albergo “Cadore”, oggi chiuso. Quell’aria da gran signore, e le cospicue mance che lasciava, gli valsero il soprannome di “Don Sergio”. Tornerà una seconda volta con la moglie, negli anni 60 e sarà l’ultimo avvistamento di cui sia rimasta memoria.
Nel 2014, Luigi lo ricorda benissimo, all’agriturismo arriva una macchina con 6 persone a bordo. Il locale era al completo ma riuscì a trovare loro posto e farli accomodare. Sono tutti stranieri, solo la signora parla un po’ d’italiano con una pronunciata cadenza spagnola. Stanno girando l’Europa per vacanza, e lei ne approfitta per cercare anche le sue origini.
“Argentini o Uruguaiani?” azzarda Luigi, “No” risponde la signora “Panama”.
“Panama?” chiede Luigi, più incuriosito che sorpreso, e poi lascia andare lì un “Cattaruzza Cecilia Sergio …”, per un strano automatismo della memoria.
La donna si illumina. È la nipote di ‘Don Sergio’. È commossa! Questa è la scintilla che cercava! Chissà quale strana coincidenza l’ha portata ‘Ai Lares’. Subito Luigi chiamerà Cesare per farlo incontrare con i suoi lontani cugini Panamensi.
Una storia bellissima, che ancora oggi commuove chi, come Luigi, ha passato molti anni fuori dalla sua terra e poi è ritornato forte del richiamo dei luoghi d’origine.

Interno Agriturismo Ai LaresOrmai si è fatto tardi. Luigi ha degli impegni inderogabili, ci deve lasciare.
Mi concedo ancora una domanda prima di salutarlo, gli chiedo chi vorrebbe ringraziare.
“La lista è lunga”, afferma, “ovviamente il cognato Alberto, tutta la famiglia che lo ha aiutato e quelli che ancora, con passione e sacrificio, lavorano con lui, compresi i collaboratori che si sono uniti a questa famiglia”.
Poi, nel cassetto dei ricordi gli viene alla mente un altro Luigi, un amico vicentino cui si era rivolto per avere consigli quando fu messa all’asta la Polveriera. Luigi e Alberto dovevano presentare un’offerta economica, ma non sapevano quale rialzo realistico, motivato e sostenibile era opportuno fare.
L’amico Vicentino chiederà loro “Per voi, questo luogo, quale valore affettivo può avere?”
Che valore poteva avere per Luigi e Alberto, nati fra questi boschi, ritornare alla ‘loro montagna’? Un valore immenso, un valore che farà loro vincere l’asta.

In realtà inizia così questa storia che spero vi abbia appassionato e incuriosito, che mi auguro vi porterà all’Agriturismo ‘Ai Lares’ a conoscere Luigi e Alberto, ad assaggiare alcuni dei loro piatti semplici e genuini e ad ammirare uno dei panorami più belli al mondo, Patrimonio dell’Umanità dal 2009.
Vi aspetta a braccia aperte, ve lo assicuro.